

Grano: cresce la domanda di frumento italiano, calano le scorte mondiali. Comparto ciociaro pronto per la sfida
di Vincenzo del Greco Spezza
Le scorte mondiali di cereali sono ai minimi storici e i prezzi all’interno delle filiere vedono un andamento crescente, tuttavia l’incertezza sulla campagna 2020 crea instabilità e le chiusure dei mercati esteri determinano una sempre maggiore domanda di frumento italiano di qualità. La filiera del grano duro e della pasta è riuscita durante l’emergenza a rispondere all’improvviso picco di domanda garantendo costantemente le forniture sul canale distributivo. Sforzo che non mette però al riparo da tensioni, visto che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare. Il prezzo, negli scambi commerciali, è da mesi in lieve rialzo e sulla quantità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni a causa della siccità. È questo il quadro emerso dalla Webinar del Durum Days 2020, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della prossima campagna produttiva. In merito alla qualità e alla capacità produttiva del comparto ciociaro non c’è da discutere perché la mission dei nostri agricoltori è, da sempre, la produzione di cereali di pregio. Per quanto riguarda il nostro territorio stiamo lavorando intensamente per aumentare la produzione cerealicola per la prossima annata, grazie agli accordi di filiera corta e alle innovazioni tecnologiche in linea con l’attenzione crescente da parte dei consumatori verso la provenienza della materia prima e verso i prodotti di qualità. Tuttavia mi auguro che il prossimo raccolto da una parte veda riconosciuti gli sforzi degli agricoltori con un prezzo che possa dare ossigeno al settore cerealicolo, che ormai da anni soffre una crisi strutturale a causa della concorrenza estera, e dall’altro crei le premesse per una autosufficienza nazionale che oltre ad offrire un prodotto più sano e controllato darebbe vantaggi in termini economici, ambientali e sociali. Per quanto riguarda il blocco delle esportazioni di cereali da parte della Russia, finita l’emergenza dovremmo riscrivere le regole del mercato orientandolo verso la filiera corta e preferendo i prodotti che utilizzano materie prime italiane e a Km0 cercando di valorizzare il lavoro del produttore e mantenere il prezzo al consumatore finale evitando inutili ‘dispersioni’ di denaro delle filiere. Tuttavia la filiera del grano duro, come specificato da uno studio elaborato dall’istituto di ricerca Areté, è alle prese con uno scenario assai imprevedibile, contraddistinto da fattori mutevoli e contrastanti: sul fronte della domanda, accanto all’azzeramento del canale della ristorazione, la grande distribuzione tra marzo ed aprile ha visto crescere i consumi di pasta del 24%. I picchi di aumento dei consumi (fino a oltre il +40%) registrati a marzo si sono però altrettanto repentinamente contratti fino ad attestarsi, già a partire da fine aprile, a cali fino al 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente. Quando la domanda è schizzata in alto, la filiera si è subito messa in moto a ritmi sostenuti. La produzione di semola nei due mesi di lockdown ha avuto una crescita a due cifre (+15%), mentre molti pastifici, in alcune settimane, hanno raggiunto ritmi di produzione superiori al 100% della loro capacità. Gli sforzi produttivi di questi mesi hanno contribuito a soddisfare la domanda dei consumatori in un momento di emergenza, ma a monte della filiera pasta rimane un mercato del grano duro con scorte ai minimi degli ultimi dieci anni e che, secondo le stime di Areté, saranno ancora in calo del 27% anche nel corso della prossima campagna. Pertanto il mercato rimane scarsamente approvvigionato, nonostante il leggero aumento delle superfici seminate in Italia rispetto alla campagna precedente (+6%) che, a parità di rese, daranno un analogo incremento produttivo. Ma c’è preoccupazione per la qualità del prossimo raccolto, per via della prolungata siccità. Ciò in uno scenario che vede crescere nel nostro Paese la richiesta di frumento di qualità e di origine italiana, in linea con l’attenzione crescente da parte dei consumatori verso la provenienza della materia prima e verso prodotti di qualità e con più alto contenuto proteico. In occasione del Durum Days è emerso inoltre che nonostante l’impennata dei consumi di pasta il prezzo del grano ha subìto rialzi molto contenuti, a dimostrazione del fatto che la strada da percorrere è ancora lunga e che è necessario continuare ad insistere con sempre maggior decisione sull’aggregazione e sulla filiera corta. In tal senso, i contratti possono e devono essere considerati il perfetto momento di sintesi entro il quale compendiare le diverse esigenze dei vari componenti della filiera, sia in termini di prezzo che di parametri qualitativi, ma anche delle condizioni di conferimento e di quant’altro può contribuire a ridurre il più possibile le oscillazioni dei mercati. Se gli incentivi ai contratti di filiera sono stati rilevanti per promuovere le relazioni tra produttore e trasformatore, i dati presentati da Areté hanno dimostrato che questo tipo di misure da sole non bastano a garantire un vero rilancio della coltura e un significativo ritorno in termini di redditività. Per questo, chiediamo al Governo di incentivare ancora di più gli sforzi in materia di ricerca e innovazione e di promozione di strumenti per la valorizzazione del prodotto. È pure opportuno accelerare i pagamenti dei contratti di filiera e perfezionare l’istituzione a livello sperimentale della Commissione Unica Nazionale del grano duro, garantendo così al settore, sulla scia di quanto già avviene in altri comparti, uno strumento che possa contribuire a dare una indicazione delle tendenze di mercato, alla base della formazione dei prezzi.